Negli ultimi anni lo studio della mindfulness e degli approcci psicoterapeutici basati su di essa è esploso. La pratica mindfulness affonda le sue radici nella tradizione buddhista. La parola è la traduzione inglese del termine “sati” della lingua pali, e può essere tradotto come “consapevolezza del momento presente”. Questa meditazione, infatti, ha come focus principale il mantenimento dell’attenzione ad un aspetto specifico dell’esperienza attuale, come pensieri, emozioni o sensazioni fisiche, con un atteggiamento di accettazione e non giudizio. I suoi benefici includono una riduzione dello stress e dei sintomi psicofisici ad esso connessi (insonnia, disturbi gastrointestinali, psoriasi…), un miglioramento della qualità di vita di chi soffre di dolore cronico e un generale incremento dell’umore e della soddisfazione nella propria vita.
Andiamo a capire meglio in cosa consiste e come è nata.
Le origini
La Mindfulness ha avuto origine grazie al lavoro di Jon Kabat-Zinn, biologo e fondatore della Clinica per la riduzione dello stress nell’Università del Massachussets.
Kabat-Zinn, negli anni ‘70, ha iniziato ad interessarsi alle discipline orientali, e a praticare yoga, meditazione zen e vipassana. Sperimentò in prima persona i benefici di queste pratiche ed ebbe un’intuizione: la consapevolezza, fulcro su cui si sviluppa la meditazione buddhista, non è un principio spirituale necessariamente connesso alle discipline orientali, ma un fenomeno della mente umana presente in tutti. Perché allora non portarla a chi più ne ha bisogno e aiutare le persone a vivere meglio? Egli, infatti, ipotizzava che gli individui in condizione di stress soffrissero proprio per una mancanza di consapevolezza e accettazione dei propri stati interni e/o delle condizioni esterne, rimanendo incastrati in uno stato di lotta contro gli eventi difficili e le emozioni ad essi connesse, incrementando la propria sofferenza soggettiva.
Kabat-Zinn trovò quindi il modo di adattare le meditazioni orientali per renderle fruibili alla popolazione occidentale e nel 1979 ideò il protocollo di MBSR, Mindfulness Based Stress Reduction (Riduzione dello Stress basata sulla Mindfulness), un programma di gruppo di 8 settimane in cui si alternano l’allenamento alla pratica meditativa, momenti di condivisione della propria esperienza e psicoeducazione sui circoli viziosi che alimentano lo stress. Ci vollero dieci anni per perfezionare il protocollo e arrivare alla formulazione che conosciamo oggi, e dal 1990 la mindfulness iniziò ad essere conosciuta e a diffondersi sempre più, prima negli Stati Uniti e infine anche qui in Europa. Gli studi scientifici sulla validità del protocollo si moltiplicarono negli anni, portando ad accumulare un numero significativo di conferme sulla sua efficacia nel ridurre lo stress e i sintomi psicofisici ad esso correlati.
Il concetto di Mindfulness: consapevolezza, non giudizio, accettazione
Nel suo libro più importante, “Vivere momento per momento”, Jon Kabat-Zinn ci spiega approfonditamente in cosa consiste la mindfulness e perché può aiutarci a vivere meglio.
Il titolo originario dell’opera (“Full catastrophe living”) racchiude già in sé un messaggio chiave: a volte nella vita siamo immersi in una piena catastrofe, ognuno di noi ha motivi di sofferenza e avversità più o meno grandi, ma coltivando la consapevolezza, la compassione e il non giudizio possiamo imparare a vivere la vita interamente, vivendo a pieno ogni momento, anche quelli più difficili.
Il punto di partenza per fare questo è iniziare a porre attenzione al modo in cui viviamo abitualmente. Se lo facciamo, molto probabilmente ci accorgeremo che svolgiamo gran parte delle nostre azioni quotidiane con il pilota automatico inserito. Quante volte siamo veramente e totalmente focalizzati su quello che stiamo facendo? Purtroppo veramente poche. Guidiamo pensando a quello che c’è da fare dopo, mangiamo guardando la tv, portiamo il cane a passeggio parlando al cellulare, solo per fare qualche esempio. Siamo costantemente presi dal fare quante più cose possibili nel minor tempo possibile.
Al contrario, ci dice Kabat-Zinn, l’essenza della consapevolezza è essere. Un buon punto di partenza è iniziare a fare una cosa alla volta e prendere coscienza di quello che si sta facendo, momento per momento. Questo ci permette di vivere realmente la nostra vita, perché, invece di pensare continuamente alla prossima attività da svolgere o ruminare su quello che è successo nel passato, semplicemente siamo nel momento presente e lo possiamo vivere a pieno, qualunque esso sia.
Gli effetti della mindfulness sul nostro benessere psicologico, in termini di rilassamento e riduzione dello stress, appaiono dunque come conseguenze naturali del prestare attenzione al qui ed ora, invece che vivere nel passato o nel futuro. Jon Kabat-Zinn, infatti, ci tiene a sottolineare che scopo della pratica meditativa non è la ricerca di uno stato di calma e serenità, ma solo di essere dove siamo, con piena attenzione e senza giudizio.
Per gran parte del tempo siamo inconsapevoli dei segnali del nostro corpo e della connessione esistente tra sensazioni, emozioni e pensieri. La mindfulness ci insegna a conoscere e prestare attenzione a tutto ciò che avviene nel nostro mondo interiore.
Un altro aspetto centrale della mindfulness è il non giudizio: evitare cioè, quanto più possibile, di etichettare ed esprimere opinioni su quanto sta accadendo. La nostra mente è abituata a giudicare costantemente qualsiasi cosa: quello che vediamo, le azioni degli altri, le nostre azioni, addirittura i nostri stessi pensieri. Questa valutazione continua può essere pericolosa, perché ci fa restare incastrati nelle nostre interpretazioni soggettive della realtà, confermando credenze disfunzionali fonte di sofferenza (ad esempio l’idea che siamo inferiori agli altri). Con la mindfulness impariamo a riconoscere questo costante flusso di etichette e critiche e in questo modo ne prendiamo le distanze.
Un ulteriore atteggiamento mentale con cui Kabat-Zinn ci invita ad avvicinarci alla mindfulness, e che cresce grazie ad essa, è l’accettazione. Accettare non significa farsi andare bene le cose, ma prendere atto che esse stanno così. Spesso, soprattutto di fronte ad eventi dolorosi, neghiamo la realtà dei fatti e, gran parte delle volte, è proprio questa non accettazione ad impedirci di andare avanti e “guarire”. Accettare infatti permette anche di lasciar andare. La maggior parte delle volte in cui soffriamo per qualcosa è perché continuiamo ad essere legati ad essa. Con la pratica ci alleniamo a osservare pensieri, ricordi, emozioni, sensazioni fisiche e a lasciarli scorrere. Ci accorgiamo che tutto è in continuo movimento e che lasciar andare può essere un’esperienza liberatoria di grande beneficio.
I benefici della Mindfulness dal punto di vista clinico, fisico, cognitivo ed emotivo
È numerosa la letteratura scientifica che conferma i benefici della mindfulness rispetto alle differenti problematiche legate al benessere fisico e psicologico.
Per quanto riguarda il punto di vista clinico, una ricerca svolta da Spowart (2015), che aveva come obiettivo quello di indagare gli effetti della mindfulness a lungo termine, ha evidenziato che le persone che mettono in atto l’intero protocollo MBSR presentano una riduzione di depressione, ansia e stress. Tali benefici sono riscontrabili anche una volta terminato il protocollo di otto settimane ideato da Kabat-Zinn.
Il protocollo MBSR è stato ampliato poi con elementi della terapia cognitivo-comportamentale per dare origine alla terapia cognitiva basata sulla mindfulness (MBCT). Questa si è dimostrata efficace per la cura di depressione ed ansia, così come indicato in uno studio effettuato da Veehof e colleghi nel 2016 (Veehof, Trompetter, Bohlmeijer, & Schreurs, 2016).
Il protocollo non risulta però solamente utile per la riduzione di ansia e depressione, ma si è dimostrato efficace anche per problematiche legate alla depressione post-partum e all’ansia perinatale (Shi & MacBeth, 2017).
Dal punto di vista fisico è stato osservato che la mindfulness contribuisce ad una riduzione dei sintomi fisici e degli effetti dello stress, diminuisce il cortisolo ematico, la pressione arteriosa e migliora in generale la risposta immunitaria. Si dimostra inoltre efficace nel controllo e percezione del dolore acuto e cronico, nel miglioramento nella psoriasi, per i pazienti con fibromialgia e artrite reumatoide (Chiesa, 2011). Consente inoltre di affrontare in maniera migliore i problemi cardiaci, la convalescenza a seguito di interventi chirurgici e di fronteggiare anche a livello immunitario le malattie immunodegenerative o condizioni come epatite C e HIV.
È stato dimostrato che sia il protocollo MBSR, che la terapia cognitiva basata sulla mindfulness, sono in grado di ridurre la sintomatologia depressiva e ansiosa e di migliorare la qualità di vita nei pazienti con cancro, negli stadi iniziali della malattia o in fase di remissione (Chiesa, 2011).
Ulteriori benefici dell’MBSR riguardano anche il rallentamento e il contrasto dell’invecchiamento, producendo all’interno del cervello delle modifiche a livello anatomico proprio a partire dall’aumento della materia grigia.
I benefici a livello cognitivo sono riscontrabili in una maggiore capacità di rimanere concentrati e focalizzati su uno specifico compito e questo ha come conseguenza anche un miglioramento nelle prestazioni motorie e nelle capacità percettive. Attraverso la pratica della mindfulness è possibile inoltre aumentare la velocità di pensiero e di scelta e potenziare la memoria di lavoro.
A livello emotivo si evidenzia una migliore capacità nella gestione delle risposte emotive ed impulsive, rafforzando la capacità di inibire i processi cognitivi ed emotivi che a loro volta acuiscono l’ansia, la depressione e lo stress.
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Bibliografia
Chiesa, A. (2011). Gli interventi basati sulla mindfulness. Cosa sono, come agiscono, quando utilizzarli. Giovanni Fioriti Editore.
Kabat-Zinn, J. (1990, 2016). Full Catastrophe Living. Using the wisdom of your body and mind to face stress, pain and illness.
Shi, Z., & MacBeth, A. (2017). The effectiveness of mindfulness-based interventions on maternal perinatal mental health outcomes: A systematic review. Mindfulness, 8(4), 823-847.
Spowart, S. A. (2015). Long-term mindfulness meditation: Anxiety, depression, stress and pain, is there a connection for public health?. Dissertation Abstracts International, 75.Veehof, M. M., Trompetter, H. R., Bohlmeijer, E. T., & Schreurs, K. G. (2016). Acceptance- and mindfulness-based interventions for the treatment of chronic pain: A meta-analytic review. Cognitive Behaviour Therapy, 45(1), 5-31.