Dopo due anni di pandemia gli eventi mondiali non ci danno tregua e dal 24 Febbraio, data dell’invasione russa in Ucraina, il carico della guerra in Europa si aggiunge ad una condizione psicologica ed emotiva già per molti precaria.
Per molti di noi, soprattutto per le generazioni più giovani, la guerra era fino ad ora qualcosa di molto lontano, nel tempo e nello spazio.
Il vedere un paese europeo, che sentiamo simile e vicino a noi, invaso, bombardato, i cui cittadini sono costretti alla fuga, fa emergere sicuramente un forte senso di ansia e angoscia.
Ma cosa dire di chi è direttamente coinvolto in quelle vicende? Quali sono nello specifico le devastanti conseguenze psicologiche della guerra?
Ci teniamo a sottolineare che siamo consapevoli del fatto che nel mondo si stanno portando avanti tantissime guerre oltre a quella in Ucraina, ma vogliamo cogliere l’occasione di questa terribile vicenda più vicina a noi, che forse ha scosso in maniera violenta la maggior parte di noi, per descrivere quali sono gli effetti di un trauma del genere sul vissuto emotivo delle dirette vittime.
Che cos’è un trauma
Partiamo dal definire cos’è un trauma. La parola deriva dal greco e significa “ferita”. Un trauma dunque è un evento, o una serie di eventi, che si accompagna a vissuti di paura e pericolo e comporta un’interruzione nel normale modo di vivere della persona, con conseguenze negative e dolorose.
In psicologia si distinguono due tipologie di traumi.
- Trauma con la t minuscola: sono tutte quelle situazioni disturbanti in cui si vive una sensazione di pericolo non particolarmente intensa, come ad esempio episodi di critica da parte di figure significative, di umiliazione o di bullismo.
- Trauma con la T maiuscola: eventi che mettono in pericolo la propria vita o la vita di persone care, come violenze, abusi, terremoti, incidenti, disastri naturali ecc.
La guerra è sicuramente un evento traumatico con la T maiuscola, che racchiude al suo interno diversi aspetti terribilmente shockanti: il pericolo costante per la propria vita e per quella dei propri cari, la perdita di amici e parenti, il dover abbandonare la propria casa o il vederla distrutta, o ancora dover fuggire verso luoghi sconosciuti avendo perso tutto quello che si possiede.
Eventi di questo genere creano una vera e propria ferita, uno strappo nel vissuto emotivo della persona, che frammenta la coesione psicologica raggiunta fino a quel momento e attivano un enorme senso di destabilizzazione.
Le conseguenze del trauma
Nell’affrontare un evento traumatico il nostro organismo sviluppa una fisiologica risposta da stress (di cui puoi leggere nel dettaglio il funzionamento in questo nostro articolo, clicca qui), che ha proprio lo scopo di metterci nelle condizioni di affrontare un pericolo e che si esaurisce poi spontaneamente nella maggior parte dei casi una volta che l’evento si è concluso.
In alcune persone, però, questa risposta da stress continua a rimanere attiva, provocando una serie di conseguenze negative. In questi casi è come se il sistema di elaborazione del nostro cervello non riuscisse a funzionare al suo meglio e avesse quindi difficoltà ad integrare l’esperienza traumatica all’interno di un vissuto coerente e razionalizzabile. Il trauma non viene elaborato ed inserito nel racconto personale della propria esperienza, venendo quindi riconosciuto dal cervello come “passato”, ma il suo ricordo rimane sempre pronto a riattivarsi come se l’evento stesse nuovamente accadendo, proprio in quel momento.
Questo processo è alla base del cosiddetto disturbo da stress post-traumatico (PTSD).
L’evoluzione di questo disturbo ha origini antiche. Già a partire dall’Iliade di Omero si possono trovare descrizioni di una sintomatologia simile a quella del PTSD come conseguenza delle battaglie raccontate nel poema; ma solo nel ‘900 esso è stato riconosciuto come entità psicopatologica distinta.
La guerra in Vietnam, purtroppo, ha rappresentato un punto di svolta per lo studio e la messa a punto del PTSD come disturbo a sé stante. I sintomi riportati dai soldati americani tornati dal fronte divennero argomento di dibattito pubblico e arrivarono ad essere riconosciuti come parte di un disturbo psichico conseguente al trauma della guerra.
Solo nel 1980 però, il disturbo da stress post-traumatico venne ufficialmente riconosciuto e introdotto nel DSM-III – Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, terza edizione (APA, 1980).
Oggi, nel DSM-5, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione (APA, 2013) i criteri per fare diagnosi di tale disturbo sono i seguenti:
A. Essere esposti ad un evento traumatico che ha messo in pericolo la propria vita, oppure un grave infortunio o un abuso sessuale in uno dei seguenti modi:
- Avere fatto una esperienza traumatica diretta
- Avere assistito ad una esperienza traumatica di qualcun altro
- Essere venuto a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un familiare o ad un amico
- Essere esposti più volte o in modo estremo a dettagli sgradevoli di un evento traumatico (questo criterio non si applica ad eventi o dettagli conosciuti attraverso televisioni, giornali o altro media)
B. La presenza di uno o più tra i seguenti sintomi intrusivi:
- Ricorrenti, involontarie ed intrusive memorie disturbanti dell’evento traumatico
- Ricorrenti incubi in cui il contenuto è legato al trauma
- Reazioni dissociative (come i flashback) che portano il soggetto a sentire e comportarsi come se stessero rivivendo il trauma
- Stati intensi e prolungati di disagio psicologico che si attivano da stimoli interni o esterni (ad esempio sentendo un particolare odore) che sono collegate al trauma
- Reazioni fisiologiche marcate che si attivano da stimoli interni o esterni collegati al trauma
C. Evitamento costante di stimoli associati agli eventi traumatici. Tale evitamento deve essere iniziato a seguito dell’evento traumatico e può essere di due tipi:
- Evitamento o sforzi per evitare ricordi, pensieri o sensazioni collegate all’evento traumatico.
- Evitamento o sforzi per evitare persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni che ricordano l’evento traumatico e che scatenano pensieri, ricordi e sensazioni sgradevoli.
D. Alterazioni nel pensiero o nell’umore che iniziano o peggiorano a seguito dell’evento traumatico. Per soddisfare il criterio sono necessari almeno due sintomi tra questi indicati:
- Incapacità a ricordare un aspetto importante del trauma.
- Pensieri e credenze esageratamente negative e persistenti che riguardano se stessi, gli altri e il mondo.
- Persistenti cognizioni distorte sulle cause e le conseguenze dell’evento traumatico che portano l’individuo ad incolparsi dell’accaduto.
- Uno stato emotivo negativo persistente (ad es. costante sensazione di colpa, vergogna, ansia, terrore)
- Marcata diminuzione di interessi e partecipazione alle attività quotidiane
- Sensazione di distacco o straniamento dagli altri.
- Persistente incapacità a sentire emozioni positive
E. Marcate alterazioni nell’arousal e nella reattività associati all’evento traumatico che iniziano o peggiorano dopo l’evento traumatico. Sono necessari almeno due dei seguenti sintomi:
- Umore irritabile e scatti di rabbia espressi con aggressioni verbali o fisiche verso oggetti o persone
- Comportamenti spericolati o auto-distruttivi
- Ipervigilanza
- Reazioni di trasalimento esagerate
- Problemi di concentrazione
- Disturbi del sonno
Dunque, riassumendo, coloro che subiscono un trauma, o ripetuti traumi nel corso della loro vita, presentano conseguenze psico-fisiche che possono essere racchiuse in tre macro-aree:
- Il trauma, essendo memorizzato e archiviato anche nel corpo, manifesta attraverso il corpo stesso alcuni sintomi tra cui: mal di testa, dolore agli arti, asma, gastrite, colite, nausea, sindrome del colon irritabile, intolleranze e allergie alimentari, problemi al sistema immunitario ed endocrino, malattie autoimmuni, malattie dermatologiche, vertigini, capogiri, problemi nell’equilibrio, nella coordinazione, amnesia, spasmi, tremori, perdita del gusto e dell’olfatto, affaticamento cronico.
- Conseguenze psicologiche: ciò che la persona ha sperimentato durante il trauma può presentarsi improvvisamente nella quotidianità, come se la minaccia si stesse ripresentando nel qui ed ora. Questo comporta una serie di conseguenze psicologiche, che variano da persona a persona in termini di sintomi e tempistiche. Tra le più frequenti troviamo: ipervigilanza, flashback, insonnia, incubi, improvvisi sbalzi d’umore, irritabilità, attacchi di panico, angoscia, depressione, disattenzione, amnesia, sensazioni di distacco, alienazione e isolamento, comportamenti di evitamento, disregolazione emotiva, comportamenti impulsivi.
- Conseguenze emotive: coloro che subiscono un trauma vivono le emozioni in maniera molto più intensa rispetto agli altri. Tra le principali emozioni che sperimentano troviamo: rabbia, depressione, tristezza, ansia, paura, colpa, disgusto, vergogna.
Come affrontare il trauma
Coloro che sopravvivono ad un trauma, possono riportare ferite e conseguenze diverse a seconda dell’età in cui il trauma si è presentato, del tipo di evento traumatico, della frequenza, intensità e durata dell’episodio. In ogni caso, però, chiunque sia stato vittima di un’esperienza del genere ha estremo bisogno di qualcuno con cui poter parlare liberamente dei propri pensieri e sentimenti, chiedendo aiuto ad una persona di fiducia o anche ad un esperto. Risulta poi molto importante mantenere una certa routine quotidiana e, nei limiti del possibile, tornare al lavoro o alle proprie attività abituali, ricordando comunque che le capacità attentive e le prestazioni potrebbero essere ridotte all’inizio. La routine quotidiana, infatti, aiuta a sviluppare sensazioni di prevedibilità e sicurezza, che contrastano il senso di paura legato al trauma. Chi ha subito eventi traumatici, poi, deve acquisire consapevolezza del fatto che le proprie reazioni, anche se possono sembrare molto forti e spaventose, sono del tutto normali e che c’è bisogno di tempo per recuperare energie fisiche e mentali.
Di seguito abbiamo riportato alcuni dei più importanti interventi specifici che possono essere utilizzati per affrontare la sintomatologia post-traumatica, sottolineando però che ogni intervento deve essere studiato per adattarsi al singolo paziente e alle sue necessità.
La terapia cognitivo-comportamentale (TCC): Un elemento centrale nella TCC è sicuramente la fase psicoeducativa iniziale, attraverso la quale viene spiegato alla persona in che modo si è sviluppato il disturbo, cosa lo alimenta e lo mantiene e quali sono i sintomi che lo caratterizzano. Risulta, inoltre, di fondamentale importanza spiegare alla persona in che modo può prendersi cura di lei nella quotidianità, quindi si va a lavorare sull’attivazione comportamentale, l’igiene del sonno e l’alimentazione, con lo scopo di ridurre i sintomi che alimentano la sofferenza. Si lavora molto sull’attivazione comportamentale, invitando la persona a dedicarsi ad attività che le consentano di sperimentare gratificazione e piacevolezza, ad organizzare il tempo e a rimanere nel qui ed ora attraverso la Mindfulness.
Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR): è un programma, ideato da Jon Kabat-Zinn, che risulta molto indicato per coloro che hanno subito un trauma in quanto consente di modulare i sintomi, la reattività, ridurre le strategie di coping maladattive in seguito alla comparsa di flashback. Attraverso la pratica e l’invito a rimanere nel qui ed ora, la persona entra in contatto con i sintomi fisici e le memorie intrusive, imparando a non giudicarli o a reagire automaticamente a essi, sviluppando così un maggiore controllo di sé.
Dialectical Behavior Therapy (DBT): è un trattamento cognitivo-comportamentale, ideato da Marsha Linehan, che fornisce una serie di abilità cognitive, emotive e comportamentali, con lo scopo di andare a regolare le emozioni spiacevoli, tollerare lo stress, accettare la realtà e migliorare le relazioni. La DBT quindi aiuta coloro che hanno subito un trauma, in particolare traumi relazionali nel corso dello sviluppo, consentendo loro di gestire una serie di comportamenti problematici o impulsivi (abuso di droghe, abbuffate, alcol, atti autolesivi, gioco d’azzardo) messo in atto spesso inconsapevolmente al fine di tollerare la propria sofferenza. Tutto questo servirà a far sì che la persona sviluppi una maggiore capacità di accettazione nei confronti di ciò che non può essere modificato o che rappresenta un limite per il futuro.
Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR): è una procedura clinica, ideata da Francine Shapiro, che attraverso una serie di movimenti oculari o altre forme di stimolazione bilaterale (per esempio tattile o uditiva) facilita l’integrazione nel sistema cerebrale delle informazioni rimaste congelate al momento del trauma. L’EMDR rappresenta ad oggi una delle tecniche maggiormente raccomandate per trattare il trauma ed i suoi effetti. In poche parole, tramite questa procedura, i pensieri, le emozioni e le sensazioni connesse all’episodio traumatico arrivano alla consapevolezza e possono essere integrati e riorganizzati con il resto delle informazioni a disposizione. In questo modo la persona può elaborare il trauma e farlo diventare parte della propria storia personale, ricollocandolo nel passato, senza continuare a viverlo nel presente. E’ stato dimostrato che tramite questa tecnica i sintomi di iperarousal diminuiscono e le sensazioni spaventose possono essere collocate nel tempo e nello spazio appropriati.
Infine, tornando al tema dell’emergenza attuale, la guerra in Ucraina, ci teniamo a segnalarvi il sito PSY messo a disposizione dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, con molte informazioni utili per la popolazione e i professionisti. Concludiamo con le parole del presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi David Lazzari su questa terribile vicenda:
“Gli Psicologi sono consapevoli che questa sarà una emergenza soprattutto umanitaria e psicologica, sia per i traumi delle popolazioni coinvolte direttamente nel conflitto che per l’impatto che questa guerra ha nella popolazione italiana, che spesso ha rilevanza traumatica nei minori. E’ necessario che, accanto alle iniziative promosse dalla professione, ci siano adeguati interventi da parte delle Istituzioni per assicurare il necessario aiuto psicologico ai soggetti più esposti.”
Bibliografia
American Psychiatric Association (1980), DSM III. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Masson, Milano, 1983.
American Psychiatric Association. (2013). Manuale diagnostico e statistic dei disturbi mentali (5a Ed.): DSM-5. Trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.
Sitografia
https://www.ospedalemarialuigia.it/disturbi-trauma-stress/ptsd-disturbo-post-traumatico-da-stress/